181.
INFORTUNI SUL LAVORO E IGIENE (Prevenzione degli)
A) Norme generali per la prevenzione degli infortuni
Decreto Legislativo 19
Settembre 1994, n. 626
Attuazione delle
direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e
99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei
lavoratori durante il lavoro.
Pubblicato nella Gazz.
Uff. 12 novembre 1994, n. 265, S.O.
TITOLO I
Capo I - Disposizioni
generali
1.
Campo di applicazione.
1. Il presente decreto
legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la
sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di
attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle
Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonché
nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle
destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università,
degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione
ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche,
dei musei e delle aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze
diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le
norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle
particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con
decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e
della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3. Nei riguardi dei
lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877,
nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato,
le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente
previsti.
4. Le disposizioni di
cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e
nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i
rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore
di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e,
nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i
preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti
all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4-ter.
Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore
di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4,
lettera a), e 11, primo periodo.
2. Definizioni.
1. Agli effetti delle
disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a)
lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un
datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari,
con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i
soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che
prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e
gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica,
universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per
agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso
di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere,
agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente
periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero
dei lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari
obblighi;
b)
datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa
ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i),
in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si
intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
c)
servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone,
sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività
di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda,
ovvero unità produttiva;
d)
medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in igiene e
medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro
della sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera
docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di
cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e)
responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata
dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f)
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone,
eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne
gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito
denominato rappresentante per la sicurezza;
g)
prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o
previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o
diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della
popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h)
agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro
e potenzialmente dannoso per la salute;
i)
unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione
di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
3. Misure generali di
tutela.
1. Le misure generali
per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
a)
valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b)
eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base
al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al
minimo;
c)
riduzione dei rischi alla fonte;
d)
programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in
modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed
organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente
di lavoro;
e)
sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno
pericoloso;
f)
rispetto dei princìpi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro,
nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro
e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello
ripetitivo;
g)
priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di
protezione individuale;
h)
limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono
essere, esposti al rischio;
i)
utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi
di lavoro;
l)
controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m)
allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi
sanitari inerenti la sua persona;
n)
misure igieniche;
o)
misure di protezione collettiva ed individuale;
p)
misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed
immediato;
q)
uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r)
regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti,
con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla
indicazione dei fabbricanti;
s)
informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori
ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza
e la salute sul luogo di lavoro;
t)
istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative
alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono
in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
4. Obblighi del datore
di lavoro, del dirigente e del preposto.
1. Il datore di lavoro,
in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti
a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e
delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella
sistemazione dei luoghi di lavoro.
2. All'esito della
valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento
contenente:
a)
una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute
durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per
la valutazione stessa;
b)
l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei
dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di
cui alla lettera a);
c)
il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è
custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a)
designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
b)
designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o
esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
c)
nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro
adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori,
e in particolare:
a)
designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle
misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di
pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b)
aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione
della tecnica della prevenzione e della protezione;
c)
nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d)
fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione;
e)
prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno
ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un
rischio grave e specifico;
f)
richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme
vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e
di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g)
richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi
previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi
connessi all'attività produttiva;
h)
adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di
emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo
grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la
zona pericolosa;
i)
informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni
prese o da prendere in materia di protezione;
l)
si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in
cui persiste un pericolo grave e immediato;
m)
permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la
sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione
della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere
alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19,
comma 1, lettera e);
n)
prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche
adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o
deteriorare l'ambiente esterno;
o)
tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni
sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel
registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale
dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la
data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto
conformemente al modello approvato con decreto del Ministero del lavoro
e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva
permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è
conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza.
Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità
ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p)
consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art.
19, comma 1, lettere b), c) e d);
q)
adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e
immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività,
alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero
delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro
effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui
al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui sia
obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di
cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in
occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini
della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro
custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella
sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna
copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di
lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e
medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996
da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni
e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle
dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli
adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni
non si applicano alle attività industriali di cui all'art. 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175,
e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica
ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali
termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende
estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni,
e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime
aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene
del lavoro, possono essere altresì definiti:
a)
i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile
lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in
aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti
superiore a quello indicato nell'allegato I;
b)
i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della
visita di cui all'art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro
da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di
visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per
le aziende indicate nella nota [1] dell'allegato I, il datore di lavoro
delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupano fino a dieci
addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto
comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della
valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la
sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e
3 le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci
addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate
nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto
di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi
relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per
assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e
degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni,
alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti
dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono
assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici
interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
5.
Obblighi dei lavoratori.
1. Ciascun lavoratore
deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di
quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla
sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di
lavoro.
2. In particolare i
lavoratori:
a)
osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di
lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
b)
utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili,
le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre
attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c)
utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro
disposizione;
d)
segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto
le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e
c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono
a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito
delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali
deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza;
e)
non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di
sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f)
non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di
loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o
di altri lavoratori;
g)
si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h)
contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o
comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori
durante il lavoro.
6. Obblighi dei
progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori.
1. I progettisti dei
luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i princìpi generali
di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle
scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti
nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la
fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di
macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di
sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a
forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che
gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli
altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e
montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi
alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni
fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi
tecnici per la parte di loro competenza.
7. Contratto di appalto
o contratto d'opera.
1. Il datore di lavoro,
in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a)
verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese
appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da
affidare in appalto o contratto d'opera;
b)
fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e
sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla
propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui
al comma 1 i datori di lavoro:
a)
cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto
dell'appalto;
b)
coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui
sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di
eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse
imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro
committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma
2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività
delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Capo II - Servizio di
prevenzione e protezione
8.
Servizio di prevenzione e protezione.
1. Salvo quanto
previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e
protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le
regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro
designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più
persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui
all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di
attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante
per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui
al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità
necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento
dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa
dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto
previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone
esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali
necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione.
5. L'organizzazione del
servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a)
nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive
modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi
degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b)
nelle centrali termoelettriche;
c)
negli impianti e laboratori nucleari;
d)
nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi,
polveri e munizioni;
e)
nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti;
f)
nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g)
nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto
previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore
di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno
deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità
produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera,
anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del
servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i
Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può
individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la
certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di
cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore
di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo
liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro
comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali
territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero
esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione
nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
a)
i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b)
il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c)
il curriculum professionale.
9. Compiti del servizio
di prevenzione e protezione.
1. Il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a)
all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli
ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base
della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b)
ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i
sistemi di controllo di tali misure;
c)
ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d)
a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e)
a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di
sicurezza di cui all'art. 11;
f)
a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro
fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito
a:
a)
la natura dei rischi;
b)
l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle
misure preventive e protettive;
c)
la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d)
i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e)
le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del
servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi
di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al
presente decreto.
4. Il servizio di
prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
10. Svolgimento diretto
da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione
dai rischi.
1. Il datore di lavoro
può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione,
nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui
ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8,
comma 4.
2. Il datore di lavoro
che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare
apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo
di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e
trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:
a)
una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi;
b)
una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1,
2, 3 e 11;
c)
una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie
professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli
ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di
analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d)
l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di
sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
11. Riunione periodica
di prevenzione e protezione dai rischi.
1. Nelle aziende,
ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di
lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui
partecipano:
a)
il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b)
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c)
il medico competente ove previsto;
d)
il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della
riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a)
il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b)
l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c)
i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della
sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha
altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle
condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e
l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e
salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende,
ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle
ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro,
anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi,
provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III - Prevenzione
incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso
12. Disposizioni
generali.
1. Ai fini degli
adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di
lavoro:
a)
organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in
materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione
dell'emergenza;
b)
designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di
cui all'art. 4, comma 5, lettera a);
c)
informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo
grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da
adottare;
d)
programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni
affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato
che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al
sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e)
prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso
di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per
quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le
conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei
mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle
designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro
tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non
possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi
devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di
attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi
specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro
deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in
cui persiste un pericolo grave ed immediato.
13. Prevenzione
incendi.
1. Fermo restando
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29
luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro e della
previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei
lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti
nei quali sono definiti:
a)
i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad
evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora
esso si verifichi;
2) misure precauzionali
di esercizio;
3) metodi di controllo
e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la
gestione delle emergenze;
b)
le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale
addetto e la sua formazione.
2. Per il settore
minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato.
14. Diritti dei
lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato.
1. Il lavoratore che,
in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si
allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può
subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi
conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che,
in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare
il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le
conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale
azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
15. Pronto soccorso.
1. Il datore di lavoro,
tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto,
prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali
persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti
con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori
infortunati.
2. Il datore di lavoro,
qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori
incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche
minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale
addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura
dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di
rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della
previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentiti la commissione consultiva
permanente e il Consiglio superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione
del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in
materia.
Capo IV - Sorveglianza
sanitaria
16. Contenuto della
sorveglianza sanitaria.
1. La sorveglianza
sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di
cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a)
accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini
della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b)
accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di
cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
17. Il medico
competente.
1. Il medico
competente:
a)
collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione di cui all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle
situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure
per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b)
effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c)
esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui
all'art. 16;
d)
istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e
di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del
segreto professionale;
e)
fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti
sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con
effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta
l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni
analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f)
informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti
sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli
rilascia copia della documentazione sanitaria;
g)
comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai
rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul
significato di detti risultati;
h)
congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e
partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei
lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini
delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i)
fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua
le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia
correlata ai rischi professionali;
l)
collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di
pronto soccorso di cui all'art. 15;
m)
collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente
può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici
specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico
competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2
esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del
lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio
di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di
comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza
territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente
svolge la propria opera in qualità di:
a)
dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con
l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b)
libero professionista;
c)
dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico
competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i
mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei
suoi compiti.
7. Il dipendente di una
struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente
qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V - Consultazione
e partecipazione dei lavoratori
18. Rappresentante per
la sicurezza.
1. In tutte le aziende,
o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la
sicurezza.
2. Nella aziende, o
unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante
per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno.
Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la
sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito
territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o
eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così
come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende,
ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per
la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle
rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze,
è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le
modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la
sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per
l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva.
5. In caso di mancato
accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con
proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del
mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al
comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la
funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il
numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a)
un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200
dipendenti;
b)
tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000
dipendenti;
c)
sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i
contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza
sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di
categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di
cui all'art. 22, comma 7.
19. Attribuzioni del
rappresentante per la sicurezza.
1. Il rappresentante
per la sicurezza:
a)
accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b)
è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità
produttiva;
c)
è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di
prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso,
alla evacuazione dei lavoratori;
d)
è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui
all'art. 22, comma 5;
e)
riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché
quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli
impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le
malattie professionali;
f)
riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g)
riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista
dall'art. 22;
h)
promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di
prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei
lavoratori;
i)
formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorità competenti;
l)
partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m)
fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n)
avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso
della sua attività;
o)
può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure
di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i
mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e
la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante
per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento
dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari
per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per
l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di
contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante
per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello
svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le
stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante
per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al
documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli
infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
20. Organismi
paritetici.
1. A livello
territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di
orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei
lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in
merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di
rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai
fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da
accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o
aziendali.
3. Agli effetti
dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza
indicata nel medesimo articolo.
Capo VI - Informazione
e formazione dei lavoratori
21. Informazione dei
lavoratori.
1. Il datore di lavoro
provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:
a)
i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa
in generale;
b)
le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c)
i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le
normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d)
i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi
sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa
vigente e dalle norme di buona tecnica;
e)
le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio,
l'evacuazione dei lavoratori;
f)
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico
competente;
g)
i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui
agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro
fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b),
c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
22. Formazione dei
lavoratori.
1. Il datore di lavoro
assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui
all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in
materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio
posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve
avvenire in occasione:
a)
dell'assunzione;
b)
del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c)
dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie,
di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve
essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi
ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante
per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di
salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e
salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali
tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori
incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di
evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di
salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza
devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei
lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve
avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art.
20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a
carico dei lavoratori.
7. I Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei
datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle
dimensioni e della tipologia delle imprese.
Capo VII - Disposizioni
concernenti la pubblica amministrazione
23. Vigilanza.
1. La vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro è svolta dall'unità sanitaria locale e, per quanto
di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco,
nonché, per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda
categoria e le acque minerali e termali delle regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le
competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente
all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva
permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione
in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del
lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e
sicurezza dell'unità sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al
comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
4. Restano ferme le
competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite
dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima ed
alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda
la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito
portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per
le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono
competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che
presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che
riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente
di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi
istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione
con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento
alle strutture penitenziarie.
24. Informazione,
consulenza, assistenza.
1. Le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno
tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,
l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche
mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il
Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per il
settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle
miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di
patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in
materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei
confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle
rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di
consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di
controllo e di vigilanza.
25. Coordinamento.
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di
assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio
nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori e di radioprotezione.
26. Commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del
lavoro.
1.
2.
3. L'art. 395 del
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.
27. Comitati regionali
di coordinamento.
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza
Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,
sono individuati criteri generali relativi all'individuazione di organi
operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di
lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario
raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della
Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1,
partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
28. Adeguamenti al
progresso tecnico.
1. Con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a)
è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di
sicurezza;
b)
si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in
cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di
altre direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;
c)
si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente
tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso
tecnologico.
Capo VIII - Statistiche
degli infortuni e delle malattie professionali
29. Statistiche degli
infortuni e delle malattie professionali.
1. L'INAIL e l'ISPESL
si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle
malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL
indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il
necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8,
comma 3, del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per
verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e
per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il
fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la
raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai
danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono
individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la
classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo
degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere
individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione
a particolari rischi.
5. I criteri per la
raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai
danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e
forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
sulla base delle norme di buona tecnica.
TITOLO II
Luoghi di lavoro
30. Definizioni.
1. Ai fini
dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si
intendono per luoghi di lavoro:
a)
i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo
nell'area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque
accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del
presente titolo non si applicano:
a)
ai mezzi di trasporto;
b)
ai cantieri temporanei o mobili;
c)
alle industrie estrattive;
d)
ai pescherecci;
e)
ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o
forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le
disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute
per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro
devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali
lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al
comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le
scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati
direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di
cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima
del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a
consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di
igiene personale.
31. Requisiti di
sicurezza e di salute.
1. Ferme restando le
disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le
disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del D.Lgs. 30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993,
n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente
all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle
prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti
di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o
autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il
procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi
entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi
di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli
urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1,
il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure,
nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di
vigilanza competente per territorio.
32. Obblighi del datore
di lavoro.
1. Il datore di lavoro
provvede affinché:
a)
le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad
uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di
consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
b)
i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la
sicurezza e la salute dei lavoratori;
c)
i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d)
gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o
all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare
manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
33. Adeguamenti di
norme.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14. Le disposizioni di
cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
TITOLO III
Uso delle attrezzature di lavoro
34. Definizioni.
1. Agli effetti delle
disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a)
attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od
impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b)
uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o
fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la
trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c)
zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore
costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
35. Obblighi del datore
di lavoro.
1. Il datore di lavoro
mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da
svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza
e della salute.
2. Il datore di lavoro
attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo
i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere
utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono
adatte. Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie
affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le
disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della
scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in
considerazione:
a)
le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b)
i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c)
i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
c-bis)
i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei
guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione
all'uso progettato dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro
prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
a)
installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b)
utilizzate correttamente;
c)
oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la
rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove
necessario, da apposite istruzioni d'uso.
c-bis)
disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per
le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio
disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili
circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte
possano essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore
di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili,
semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a)
vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per
attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b)
vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a
piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro
semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la
presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione
dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c)
il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse
meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a
tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento,
la velocità dell'attrezzatura sia adeguata;
d)
le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano
utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una
quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute
dei lavoratori.
4-ter. Il datore
di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate
a sollevare carichi sia assicurato che:
a)
gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da
movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle
condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della
configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di
sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire
all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano
scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in
modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b)
allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di
carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in
modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure
appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle
attrezzature di lavoro stesse;
c)
i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore
aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano
svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il
lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
d)
tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate
nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la
sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare
simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una
procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e)
qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi
non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione
parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure
appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i
carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in
cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato
agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f)
allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da
mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i
lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e
siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in
particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di
lavoro.
4-quater. Il
datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché
le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di
prima installazione o di successiva installazione e a verifiche
periodiche o eccezionali, di seguito denominate «verifiche», al fine di
assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I
risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a
disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di
cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio
dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante
l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di
lavoro ovunque queste sono utilizzate.
5. Qualora le
attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro
si assicura che:
a)
l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo
incaricati;
b)
in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore
interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali
compiti.
36. Disposizioni
concernenti le attrezzature di lavoro.
1. Le attrezzature di
lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della
sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Le modalità e le
procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico
corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura è stata
costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente, stabilisce modalità e procedure
per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4.
5.
6.
7.
8. Le disposizioni del
presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del
presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8-bis. Il datore
di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno
2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già
messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non
soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie
concernenti disposizioni di carattere costruttivo, allorché esiste per
l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente.
8-ter. Fino a
che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono
adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano
un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le
modifiche apportate alle macchine definite all'articolo 1, comma 2, del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459,
a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8-bis, e
quelle effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che
non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni
previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai
sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.
37. Informazione.
1. Il datore di lavoro
provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i
lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a)
alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle
conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase
di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b)
alle situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore
di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono
esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature
di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da
essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali
attrezzature.
2. Le informazioni e le
istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori
interessati.
38. Formazione ed
addestramento.
1. Il datore di lavoro
si assicura che:
a)
i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una
formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b)
i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono
conoscenze e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5,
ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di
usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai
rischi causati ad altre persone.
39. Obblighi dei
lavoratori.
1. I lavoratori si
sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente
organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori
utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione
conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento
ricevuti.
3. I lavoratori:
a)
hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b)
non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c)
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle
attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.
TITOLO IV
Uso dei dispositivi di protezione individuale
40. Definizioni.
1. Si intende per
dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di
proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la
sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o
accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi
di protezione individuale:
a)
gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente
destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b)
le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c)
le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle
forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento
dell'ordine pubblico;
d)
le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali;
e)
i materiali sportivi;
f)
i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g)
gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori
nocivi.
41. Obbligo di uso.
1. I DPI devono essere
impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente
ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione
collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del
lavoro.
42. Requisiti dei DPI.
1. I DPI devono essere
conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992,
n. 475.
2. I DPI di cui al
comma 1 devono inoltre:
a)
essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un
rischio maggiore;
b)
essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c)
tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d)
poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi
multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono
essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso
simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi
corrispondenti.
43. Obblighi del datore
di lavoro.
1. Il datore di lavoro
ai fini della scelta dei DPI:
a)
effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere
evitati con altri mezzi;
b)
individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano
adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle
eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c)
valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal
fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche
dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate
alla lettera b);
d)
aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro,
anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le
condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda
la durata dell'uso, in funzione di:
a)
entità del rischio;
b)
frequenza dell'esposizione al rischio;
c)
caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d)
prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42
e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a)
mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene,
mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b)
provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti,
salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del
fabbricante;
c)
fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d)
destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende
misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e
igienico ai vari utilizzatori;
e)
informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo
protegge;
f)
rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g)
assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei
DPI.
5. In ogni caso
l'addestramento è indispensabile:
a)
per ogni DPI che, ai sensi del D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475,
appartenga alla terza categoria;
b)
per i dispositivi di protezione dell'udito.
44. Obblighi dei
lavoratori.
1. I lavoratori si
sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal
datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43,
commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori
utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento
eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a)
hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b)
non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine
dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di
riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI
messi a loro disposizione.
45. Criteri per
l'individuazione e l'uso.
1. Il contenuto degli
allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per
l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei
fattori specifici di rischio, indica:
a)
i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b)
le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle
misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
46. Norma transitoria.
1. Fino alla data del
31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio
in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere
impiegati:
a)
i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del D.Lgs.
4 dicembre 1992, n. 475;
b)
i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto
prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi
della Comunità europea.
TITOLO V
Movimentazione manuale dei carichi
47. Campo di
applicazione.
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività che comportano la
movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni
dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a)
movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di
sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le
azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un
carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle
condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di
lesioni dorso-lombari;
b)
lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee
e nerveovascolari a livello dorso-lombare.
48. Obblighi dei datori
di lavoro.
1. Il datore di lavoro
adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi
appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la
necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei
lavoratori.
2. Qualora non sia
possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi
i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la
movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la
necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del
lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti
di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile
sicura e sana.
4. Nei casi di cui al
comma 3 il datore di lavoro:
a)
valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di
salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare
delle caratteristiche del carico, in base all'allegato VI;
b)
adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di
lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e
delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato VI;
c)
sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti
alle attività di cui al presente titolo.
49. Informazione e
formazione.
1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a)
il peso di un carico;
b)
il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto
di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c)
la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori
corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta,
tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
Uso di attrezzature munite di videoterminali
50. Campo di
applicazione.
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano
l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a)
ai posti di guida di veicoli o macchine;
b)
ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c)
ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione
da parte del pubblico;
d)
ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto di utilizzazione
prolungata in un posto di lavoro;
e)
alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei
dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
f)
alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
51. Definizioni.
1. Ai fini del presente
titolo si intende per:
a)
videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal
tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b)
posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a
dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i
documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro
immediatamente circostante;
c)
lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di
videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54.
52. Obblighi del datore
di lavoro.
1. Il datore di lavoro,
all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1,
analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a)
ai rischi per la vista e per gli occhi;
b)
ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c)
alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro
adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base
alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero
della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
53. Organizzazione del
lavoro.
1. Il datore di lavoro
assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei
videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente
di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle
operazioni.
54. Svolgimento
quotidiano del lavoro.
1. Il lavoratore,
qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha
diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero
cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali
interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche
aziendale.
3. In assenza di una
disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1,
il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni
centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la
durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a
livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. È comunque esclusa
la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario
di lavoro.
6. Nel computo dei
tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta
da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli
effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il
posto di lavoro.
7. La pausa è
considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro
e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono
la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
55. Sorveglianza
sanitaria.
1. I lavoratori prima
di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono
sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni
strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal
medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la
necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle
risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono
classificati in:
a)
idonei, con o senza prescrizioni;
b)
non idonei.
3. I lavoratori sono
sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite
di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La
periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari
che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è
biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e
per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età;
quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è
sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta
sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata
dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita di cui
ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità.
5. La spesa relativa
alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
56. Informazione e
formazione.
1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a)
le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello
stesso di cui all'art. 52;
b)
le modalità di svolgimento dell'attività;
c)
la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della
sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
57. Consultazione e
partecipazione.
1. Il datore di lavoro
informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la
sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti
nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al
presente titolo.
58. Adeguamento alle
norme.
1. I posti di lavoro
dei lavoratori di cui all'articolo 51, comma 1, lettera c),
devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato VII.
59. Caratteristiche
tecniche.
1. Con decreto dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive
comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in
funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e
specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle
attrezzature dotate di videoterminali.
TITOLO VII
Protezione da agenti cancerogeni mutageni
Capo I - Disposizioni
generali
60.
Campo di applicazione.
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i
lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o
mutageni a causa della loro attività lavorativa.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo
non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
61. Definizioni.
1. Agli effetti del
presente decreto si intende per:
a)
agente cancerogeno:
1) una sostanza che
risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie
cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato
contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti
dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n.
285;
3) una sostanza, un
preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od
un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
b)
agente mutageno:
1) una sostanza che
risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie
mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997,
n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato
contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un
preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti
dal D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52, e D.Lgs. 16
luglio 1998, n. 285;
c)
valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della
concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di
respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento
determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.
Capo II - Obblighi del
datore di lavoro
62. Sostituzione e
riduzione.
1. Il datore di lavoro
evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul
luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è
tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un
procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno
nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è
tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il
datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione
dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre
che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un
sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede
affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più
basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione non deve comunque
superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis.
63. Valutazione del
rischio.
1. Fatto salvo quanto
previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della
quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione
tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni,
della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro
concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo
per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di
aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in
scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice
solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve
tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in
cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro,
in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le
misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui
all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
a)
le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o
preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni o mutageni;
b)
i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c)
il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d)
l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e)
le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi
di protezione individuale utilizzati;
f)
le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente
utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro
effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di
modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante
per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo
restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
64. Misure tecniche,
organizzative, procedurali.
1. Il datore di lavoro:
a)
assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle
varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e
che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma
fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul
luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette
(53/f);
b)
limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che
possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando
le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi
connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è
fatto divieto di fumare;
c)
progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è
emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è
tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o
mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5,
lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di
un adeguato sistema di ventilazione generale;
d)
provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per
verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e)
provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle
attrezzature e degli impianti;
f)
elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare
esposizioni elevate;
g)
assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati,
manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h)
assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti
cancerogeni o mutageni, avvengano in condizioni di sicurezza, in
particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro,
netto, visibile;
i)
dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive
particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione
a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente
elevati.
65. Misure igieniche.
1. Il datore di lavoro:
a)
assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed
adeguati;
b)
dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c)
provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano
custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli
difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro
di cui all'articolo 64, comma 1, lett. b), è vietato assumere
cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano,
usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
66. Informazione e
formazione.
1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a)
gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro
dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi
compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b)
le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c)
le misure igieniche da osservare;
d)
la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e
dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e)
il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare
per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la
formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori
siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado
dei rischi.
4. Il datore di lavoro
provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi
contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera
chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le
altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge
29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.
67. Esposizione non
prevedibile.
1. Se si verificano
eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione
anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure
appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono
abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere
soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre
operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e
dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro
disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di
protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni
lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro
comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli
eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre
al minimo le conseguenze.
68. Operazioni
lavorative particolari.
1. Nel caso di
determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le
quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione
tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei
lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza:
a)
dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree
anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle
stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b)
fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle
suddette operazioni.
2. La presenza nelle
aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al
minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Capo III - Sorveglianza
sanitaria
69.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche.
1. I lavoratori per i
quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la
salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro,
su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e
protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli
esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al
comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277.
4. Ove gli accertamenti
sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad
uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito
dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a)
una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;
b)
ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente
fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza
sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività lavorativa.
70. Registro di
esposizione e cartelle sanitarie.
1. I lavoratori di cui
all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per
ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cangerogeno o mutageno
utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto
registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la
tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del
servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno
accesso a detto registro.
2. Il medico
competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede
ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita
presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del datore
di lavoro.
3. Il datore di lavoro
comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e,
tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4. In caso di
cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro -
ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne
consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di
cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino
a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni
dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o
mutageni.
7. I registri di
esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di
rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto
professionale e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro,
in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a
quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a)
consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo
di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e
comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute;
b)
consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del
registro di cui al comma 1;
c)
in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del
registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per
territorio;
d)
in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato
attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro
chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di
rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma
4.
9. I modelli e le
modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio
sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con
i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette
annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al
contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende
disponibili alle regioni.
71. Registrazione dei
tumori.
1. I medici, le
strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti
previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di
neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti
cancerogeni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione
clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi
lavorativa.
2. L'ISPESL realizza,
nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio
dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi
informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di
registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonché i
dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati
nell'àmbito delle rispettive attività istituzionali dall'Istituto
nazionale della previdenza sociale - INPS, dall'Istituto nazionale di
statistica - ISTAT, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni pubbliche. L'ISPESL
rende disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni i risultati
del monitoraggio con periodicità annuale.
3. Con decreto dei
Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita
la commissione consultiva permanente, sono determinate le
caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di
neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione,
l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di
cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della
sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle
utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
72. Adeguamenti
normativi.
1. La Commissione
consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze
cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non
essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi
stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di
classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva
tossicologica nazionale:
a)
sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del
progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie
o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni
o mutageni;
b)
è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma 1.
TITOLO VII-bis
Protezione da agenti chimici
72-bis. Campo di
applicazione.
1. Il presente titolo
determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i
rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare,
dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come
risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti
chimici.
2. I requisiti
individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici
pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le
disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono
provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto
legislativo n. 230 del 1995, e successive modifiche.
3. Per gli agenti
cancerogeni sul lavoro, si applicano le disposizioni del presente
titolo, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel titolo VII
del decreto legislativo n. 626 del 1994, come modificato
dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 66.
4. Le disposizioni del
presente titolo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici
pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei
D.M. 4 settembre 1996, D.M. 15 maggio 1997,
D.M. 28 settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio
1999, n. 41, di attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle
disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali
definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, nelle disposizioni
dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci
pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il
trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate
nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto
sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
5. Le disposizioni del
presente titolo non si applicano alle attività comportanti esposizione
ad amianto che restano disciplinate dalla normativa specifica.
72-ter. Definizioni.
1. Ai fini del presente
titolo si intende per:
a)
agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia
nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o
smaltiti, compreso o smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi
attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano
immessi o no sul mercato;
b)
agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici
classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche,
nonché gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come
sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze
pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici
classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto
legislativo 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche,
nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come
preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i
preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che,
pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e
2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei
lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche chimiche o
tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di
lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore
limite di esposizione professionale;
c)
attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività
lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede
l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la
manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il
trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
d)
valore limite di esposizione professionale: se non diversamente
specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di
un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un
lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un
primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato VIII-ter;
e)
valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo
agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,
nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è
riportato nell'allegato VIII-quater;
f)
sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo
lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul luogo di
lavoro;
g)
pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre
effetti nocivi;
h)
rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle
condizioni di utilizzazione o esposizione.
72-quater. Valutazione
dei rischi.
1. Nella valutazione di
cui all'art. 4, il datore di lavoro determina, preliminarmente
l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e
valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in
particolare:
a)
le loro proprietà pericolose;
b)
le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal
fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi
dei D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52 e D.Lgs. 16 luglio
1998, n. 285 e successive modifiche;
c)
il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d)
le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti,
compresa la quantità degli stessi;
e)
i valori limite di esposizione professionale o i valori limite
biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati VIII-ter
ed VIII-quater;
f)
gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g)
se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di
sorveglianza sanitaria già intraprese.
2. Nella valutazione
dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate
ai sensi dell'articolo 72-quinquies e, ove applicabile,
dell'articolo 72-sexies. Nella valutazione medesima devono essere
incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è
prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri
motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza,
anche dopo che sono state adottate tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attività
lavorative che comportano l'esposizione a più agenti chimici pericolosi,
i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione
di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando
quanto previsto dai D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52, e
D.Lgs. 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, il
fornitore o il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a
fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni
necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del
rischio può includere la giustificazione che la natura e l'entità dei
rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria
un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di
un'attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi,
la valutazione dei rischi che essa presenta e l'attuazione delle misure
di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia
solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa
presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro
aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di
notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i
risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.
72-quinquies. Misure e
princìpi generali per la prevenzione dei rischi.
1. Fermo restando
quanto previsto dall'articolo 3, devono essere eliminati i rischi
derivanti da agenti chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante le
seguenti misure:
a)
progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di
lavoro;
b)
fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative
procedure di manutenzione adeguate;
c)
riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero
essere esposti;
d)
riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione;
e)
misure igieniche adeguate;
f)
riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di
lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g)
metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono
la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto
sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che
contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della
valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle
quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di
esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un
rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le
misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si
applicano le disposizioni degli articoli 72-sexies, 72-septies,
72-decies, 72-undecies.
72-sexies. Misure
specifiche di protezione e di prevenzione.
1. Il datore di lavoro,
sulla base dell'attività e della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 72-bis, provvede affinché il rischio sia eliminato o
ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell'attività lo
consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non
sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la
natura dell'attività non consente di eliminare il rischio attraverso la
sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto
mediante l'applicazione delle seguenti misure nell'indicato ordine di
priorità:
a)
progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici,
nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b)
appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte
del rischio;
c)
misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione
individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi
l'esposizione;
d)
sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 72-decies
e 72-undecies.
2. Salvo che non possa
dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di
prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni
qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire
sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che
possono presentare un rischio per la salute, con metodiche
standardizzate di cui è riportato un elenco non esaustivo nell'allegato
VIII-sexies o in loro assenza, con metodiche appropriate e con
particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e
per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio
temporali.
3. Se è stato superato
un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa
vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell'evento,
adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e
protezione.
4. I risultati delle
misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione
dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei
lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate
ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti alla
valutazione dei rischi di cui all'articolo 72-quater. Sulla base
della valutazione dei rischi e dei princìpi generali di prevenzione e
protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e
organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi
l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di agenti chimici
incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene
sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze
infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura
dell'attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro
la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o
quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di
lavoro deve in particolare:
a)
evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a
incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che
potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o
miscele di sostanze chimicamente instabili;
b)
limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste
dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la
sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti
all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti
da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;
6. Il datore di lavoro
mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di
protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni
legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto
riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro
adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti,
apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e
dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o
dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro
informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione
professionale, delle cause dell'evento e delle misure di prevenzione e
protezione adottate e ne dà comunicazione all'organo di vigilanza.
72-septies.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze.
1. Ferme restando le
disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 e al decreto
ministeriale 10 marzo 1998, il datore di lavoro, per proteggere
la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o
di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul
luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi
al verificarsi di tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di
sicurezza da effettuarsi a intervalli regolari e la messa a disposizione
di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di
incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure
dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di
evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro
adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto
prima.
3. Ai lavoratori cui è
consentito operare nell'area colpita o ai lavoratori indispensabili
all'effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, sono
forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed
idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a
quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro
adotta le misure necessarie per approntare sistemi d'allarme e altri
sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente
l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di
emergenza devono essere contenute nel piano di cui al decreto 10 marzo
1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.
81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:
a)
informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici
pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulle
precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per
le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure
e misure precauzionali;
b)
qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti
o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di
emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al
presente articolo.
6. Nel caso di
incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente
abbandonare la zona interessata.
72-octies. Informazione
e formazione per i lavoratori.
1. Fermo restando
quanto previsto agli articoli 21 e 22, il datore di lavoro garantisce
che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano di:
a)
dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori
informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro
determinino un cambiamento di tali dati;
b)
informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di
lavoro, quali l'identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e la
salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre
disposizioni normative relative agli agenti;
c)
formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da
intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo
di lavoro;
d)
accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal
fornitore ai sensi dei D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52 e
D.Lgs. 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
2. Il datore di lavoro
assicura che le informazioni siano:
a)
fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di
cui all'articolo 72-quater. Tali informazioni possono essere
costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e
dall'addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte,
a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione
del rischio;
b)
aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i
contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi utilizzati
durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali di sicurezza in
base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
493, il datore di lavoro provvede affinché la natura del
contenuto dei contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi
connessi siano chiaramente identificabili.
4. Il produttore e il
fornitore devono trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni
concernenti gli agenti chimici pericolosi prodotti o forniti secondo
quanto stabilito dai D.Lgs. 3 febbraio 1997 n. 52, e
D.Lgs. 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
72-novies. Divieti.
1. Sono vietate la
produzione, la lavorazione e l'impiego degli agenti chimici sul lavoro e
le attività indicate all'allegato VIII-quinquies.
2. Il divieto non si
applica se un agente è presente in un preparato, o quale componente di
rifiuti, purché la concentrazione individuale sia inferiore al limite
indicato nello stesso allegato.
3. In deroga al divieto
di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione, le
seguenti attività:
a)
attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi
comprese le analisi;
b)
attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto
forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c)
produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come
intermedi.
4. Ferme restando le
disposizioni di cui al presente titolo, nei casi di cui al comma 3,
lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei
lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso più rapido possibile
degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal
quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria
per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro
che intende effettuare le attività di cui al comma 3 deve inviare una
richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali che la rilascia sentito il Ministero della salute e la regione
interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalle seguenti
informazioni:
a)
i motivi della richiesta di deroga;
b)
i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c)
il numero dei lavoratori addetti;
d)
descrizione delle attività e delle reazioni o processi;
e)
misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire
l'esposizione dei lavoratori.
72-decies. Sorveglianza
sanitaria.
1. Fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 72-quinquies, comma 2, sono sottoposti
alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 16 i lavoratori esposti
agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri
per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi,
sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo.
2. La sorveglianza
sanitaria viene effettuata:
a)
prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;
b)
periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità diversa
decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel
documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la
sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e
dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c)
all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il
medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni
relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio
biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i
quali è stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale
monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di
tal monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di
valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza
dei lavoratori.
4. Gli accertamenti
sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro,
su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e
protettive particolari per singoli lavoratori sulla base delle
risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono
comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure
dell'articolo 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
6. Nel caso in cui
all'atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in
un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente,
l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale
esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico
competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore
di lavoro.
7. Nei casi di cui al
comma 6, il datore di lavoro deve:
a)
sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma
dell'articolo 72-quater;
b)
sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i
rischi;
c)
tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle
misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d)
prendere le misure affinché sia effettuata una visita medica
straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subìto
un'esposizione simile.
8. L'organo di
vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e
periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli
definiti dal medico competente.
72-undecies. Cartelle
sanitarie e di rischio.
1. Il medico
competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 72-decies
istituisce ed aggiorna una cartella sanitaria e di rischio custodita
presso l'azienda, o l'unità produttiva, secondo quanto previsto
dall'articolo 17, comma 1, lettera d), e fornisce al lavoratore
interessato tutte le informazioni previste dalle lettere e) ed
f) dello stesso articolo. Nella cartella di rischio sono, tra
l'altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali
forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, è
fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.
3. In caso di
cessazione del rapporto di lavoro, le cartelle sanitarie e di rischio
sono trasmesse all'ISPESL.
72-duodecies.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori.
1. La consultazione e
partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai
sensi delle disposizioni di cui al Titolo I, Capo V.
72-terdecies.
Adeguamenti normativi.
1. Con decreto dei
Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato, un comitato
consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di
esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli
agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali
di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in
rappresentanza del Ministero della salute su proposta dell'Istituto
superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica
nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle
regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, anche su proposta dell'Istituto italiano di medicina
sociale. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico
della direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Con uno o più
decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per le attività
produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono
recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori
predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori
limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi
predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati
VIII-ter, quater, quinquies e sexies in
funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e
specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore
degli agenti chimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui
al comma 2 è inoltre determinato il rischio moderato di cui all'articolo
72-quinquies, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed
alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite
indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more
dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei
Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinque
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri
per l'individuazione del rischio moderato di cui all'articolo 72-quinquies,
comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei
datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite
le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente
rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al precedente
periodo, la valutazione del rischio moderato è comunque effettuata dal
datore di lavoro.
TITOLO VIII
Protezione da agenti
biologici
Capo I
73. Campo di
applicazione.
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali
vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le
disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo
1993, n. 91, è soppresso.
74. Definizioni.
1. Ai sensi del
presente titolo si intende per:
a)
agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente
modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe
provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b)
microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in
grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c)
coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule
derivate da organismi pluricellulari.
75. Classificazione
degli agenti biologici.
1. Gli agenti biologici
sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di
infezione:
a)
agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità
di causare malattie in soggetti umani;
b)
agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco
probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili
efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c)
agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi
in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori;
l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono
disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d)
agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche
o terapeutiche.
2. Nel caso in cui
l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito
in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va
classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI
riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.
76. Comunicazione.
1. Il datore di lavoro
che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici
dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente
competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio
dei lavori:
a)
il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b)
il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro
che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta
l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro
invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del
rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta
si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro
in via provvisoria.
4. Il rappresentante
per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di
cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente
modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del
decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui
al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della
documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto
decreto.
6. I laboratori che
forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui
al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
77. Autorizzazione.
1. Il datore di lavoro
che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente
biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero
della sanità.
2. La richiesta di
autorizzazione è corredata da:
a)
le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b)
l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è
rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell'Istituto
superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro
in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero
della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato,
nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del
gruppo 4.
5. I laboratori che
forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di
cui al comma 4.
6. Il Ministero della
sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le
autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione
di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce
ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei
quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di
cui ai commi 1 e 4.
Capo II - Obblighi del
datore di lavoro
78. Valutazione del
rischio.
1. Il datore di lavoro,
nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, tiene conto di
tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche
dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a)
della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono
presentare un pericolo per la salute umana quale risultante
dall'allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di
lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b)
dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c)
dei potenziali effetti allergici e tossici;
d)
della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore,
che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;
e)
delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria
competente che possono influire sul rischio;
f)
del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro
applica i princìpi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in
relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui
al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni
lavorative.
3. Il datore di lavoro
effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di
modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività,
quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX, che,
pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori
agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e
86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di
tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui
all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:
a)
le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di
esposizione ad agenti biologici;
b)
il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c)
le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi;
d)
i metodi e le procedure lavorative adottati, nonché le misure preventive
e protettive applicate;
e)
il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i
rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo
4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante
per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione
di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
79. Misure tecniche,
organizzative, procedurali.
1. In tutte le attività
per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche,
organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi
ad agenti biologici.
2. In particolare, il
datore di lavoro:
a)
evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività
lavorativa lo consente;
b)
limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al
rischio di agenti biologici;
c)
progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d)
adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e)
adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f)
usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato X, e
altri segnali di avvertimento appropriati;
g)
elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni
di origine umana ed animale;
h)
definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i)
verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori
del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente
realizzabile;
l)
predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego
di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo
trattamento dei rifiuti stessi;
m)
concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di
sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
80. Misure igieniche.
1. In tutte le attività
nelle quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a)
i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce
con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e
antisettici per la pelle;
b)
i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri
indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c)
i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati
e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o
sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d)
gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di
lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro
in cui c'è rischio di esposizione è vietato assumere cibi e bevande,
fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a
bocca e applicare cosmetici.
81. Misure specifiche
per le strutture sanitarie e veterinarie.
1. Il datore di lavoro,
nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei
rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti
biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione
al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai
risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a
che siano applicate procedure che consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la
comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di
isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero
essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le
misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di
infezione sono indicate nell'allegato XII.
82. Misure specifiche
per i laboratori e gli stabulari.
1. Fatto salvo quanto
specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori
comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di
ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da
laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di
lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato
XII.
2. Il datore di lavoro
assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a)
in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b)
in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c)
in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori
comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti
biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di
contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai
commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora
classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di
lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito
l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento
più elevate.
83. Misure specifiche
per i processi industriali.
1. Fatto salvo quanto
specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei processi
industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4,
il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle
elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui
all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti
biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio
grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
84. Misure di
emergenza.
1. Se si verificano
incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un
agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono
abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere
soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare
gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro
informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente,
nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento,
delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende
adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione
creatasi.
3. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti
biologici.
85. Informazioni e
formazione.
1. Nelle attività per
le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla
base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a)
i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b)
le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c)
le misure igieniche da osservare;
d)
la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di
protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e)
le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del
gruppo 4;
f)
il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare
per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la
formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori
siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza
almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei
rischi.
4. Nel luogo di lavoro
sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le
procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III - Sorveglianza
sanitaria
86. Prevenzione e
controllo.
1. I lavoratori addetti
alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro,
su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive
particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari
individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a)
la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non
sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b)
l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli
accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in
modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a
tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2-ter. A seguito
dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una
nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 78.
2-quater. Il
medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul
controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che
comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici
individuati nell'allegato XI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti della
vaccinazione e della non vaccinazione.
87. Registri degli
esposti e degli eventi accidentali.
1. I lavoratori addetti
ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono
iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi,
l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di
esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro
istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta
tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno
accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a)
consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di
sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad
essi, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta,
le variazioni intervenute;
b)
comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione
del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al
contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al
medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c)
in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto
superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio,
copia del registro di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le
cartelle sanitarie e di rischio;
d)
in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che
comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
e)
tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la
sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al
comma 1.
4. Le annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio di cui all'art. 86, comma 5, sono conservate dal
datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL
fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti
biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare
infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con
recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi
sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La documentazione di
cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del
segreto professionale.
6. I modelli e le
modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle
sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della
sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione
consultiva permanente (66).
7. L'ISPESL trasmette
annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle
risultanze del registro di cui al comma 1.
88. Registro dei casi
di malattia e di decesso.
1. Presso l'ISPESL è
tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti
all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le
strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di
malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL
copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei
Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita
la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di
tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di
trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della
sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni
sull'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
TITOLO IX
Sanzioni
89. Contravvenzioni
commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti.
1. Il datore di lavoro
è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2, 4,
lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69,
comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro
ed il dirigente sono puniti:
a)
con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a
lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere
b), d), e), h), l), n) e q);
7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma
1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35,
commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36,
comma 8-ter, 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b),
d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi
1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies;
72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72-decies,
comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2;
68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79;
80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b)
con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a
lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere
b) e c), 5, lettere c), f), g), i),
m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1,
lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere
c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 72-octies,
commi 1, 2 e 3, 72-decies, commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4;
67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2;
85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro
ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3, 4, 5, 6 e
8; 87, commi 3 e 4.
90. Contravvenzioni
commesse dai preposti.
1. I preposti sono
puniti:
a)
con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a
lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere
b), d), e), h), l), n) e q);
7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma
1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis,
4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter, 38, 41; 43,
commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2;
54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies;
72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72-decies,
comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69,
commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86,
commi 1 e 2;
b)
con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire
un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c),
f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b),
e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21; 37; 43,
comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56,
comma 1; 57; 72-sexies, comma 8; 72-decies, commi 1, 2, 3,
e 5; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4.
91. Contravvenzioni
commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori.
1. La violazione
dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei mesi o con
l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione
dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese o con
l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
92. Contravvenzioni
commesse dal medico competente.
1. Il medico competente
è punito:
a)
con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire
sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b),
d), h) e l); 72-decies, comma 3, primo
periodo e comma 6; 72-undecies; 69, comma 4; 86, comma 2-bis;
b)
con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a
lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere
e), f), g) ed i), nonché del comma 3 e 70,
comma 2.
93. Contravvenzioni
commesse dai lavoratori.
1. I lavoratori sono
puniti:
a)
con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a
lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma
2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3;
b)
con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire
duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67,
comma 2; 84, comma 1.
94. Violazioni
amministrative.
1. Chiunque viola le
disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80, comma 2, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire
trecentomila.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
95. Norma transitoria.
1. In sede di prima
applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre
1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di
prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del
corso di formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando
l'osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2,
lettere a), b) e c).
96. Decorrenza degli
obblighi di cui all'art. 4.
1. È fatto obbligo di
adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
96-bis. Attuazione
degli obblighi.
1. Il datore di lavoro
che intraprende un'attività lavorativa di cui all'art. 1 è tenuto a
elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto
entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
97. Obblighi
d'informazione.
1. Il Ministero del
lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:
a)
il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b)
ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c)
ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui
al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.
98. Norma finale.
1. Restano in vigore,
in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le
disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene
del lavoro.
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