FRODE CONTRATTUALE NELL'E-COMMERCE
Dal lavoro di un summit di Parigi del
sottogruppo G-8 sull’high tech crime degli 8 paesi più
industrializzati, riuniti nel 1997 a Denver, è risultato che nell’80 %
dei casi gli attacchi sono stati effettuati da hackers interni alle
aziende, con scopi che vanno da quello di lucro a quello terroristico,
politico, vandalico e all’affermazione delle proprie capacità personali.
Nel 1999 sono stati accertati 2500 casi dolosi sulla Rete, la maggior
parte dei quali ha riguardato frode di carte di credito.
Il problema più importante è quello di
coordinare il tema della sicurezza con la legislazione della privacy, e
occorre inoltre formare tecnicamente magistrati ed investigatori; basti
pensare che solo negli ultimi 3 anni, 200 sistemi informatici – tra
imprese ed enti rappresentativi monitorati – hanno subito ogni genere di
attacco, soprattutto virus (38%), furti (15%), accesso ed uso non
autorizzato di dati (11,6%), accesso non autorizzato ai servizi di
telecomunicazioni (8,6%). Gli hackers hanno, per così dire, profilo
psicologico "originale": spesso lavorano su commissione e sono mossi
dall’odio contro il "potere" e, sono ambiti dalle aziende, data la loro
conoscenza "geniale".
La l. 23/12/1993 n. 547 (ed il successivo
Dpr 513/1997) -
www.il-processo-a-internet.com/dpr_513_1997_strumenti_telematici_informatici.htm
- rappresenta la prima legislazione penale italiana vicina alle
direttive del Consiglio d’Europa, in ambito informatico (presupposto del
reato, è l’esistenza di materiale informatico dotato di efficacia
probatoria, riconosciuta da altre leggi).
A questo riguardo, parte della dottrina
sostiene che la sottoscrizione, nell’atto confezionato da un computer,
abbia valore di assunzione di responsabilità; altri sostengono che sia
necessario verificare i limiti di applicabilità della normativa sui
crimini informatici, specie con riguardo alla possibile falsificazione
di chiavi private.
Le ipotesi in tema di falso, peraltro,
vengono applicate anche all’attività svolta dal notaio, quale pubblico
ufficiale e risulta, a questo riguardo, necessario istituire un’Autorità
indipendente a livello internazionale, per gestire le chiavi di accesso
pubbliche e private e per fissare le sanzioni per condotte contra legem.
La Corte di Cassazione, con sentenza
depositata il 7/09/2000, ha condannato un gruppo di hackers per
violazione del domicilio informatico, sulla base dell’art. 640-ter c.p.
(frode informatica) che punisce "chiunque, alterando in qualsiasi modo
il funzionamento di un sistema informatico o intervenendo senza diritto
con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un
sistema informatico o ad esso pertinenti, procura a sé o altri ingiusto
profitto con altrui danno".
E’ prevista, così, un’ipotesi speciale di
truffa – frode informatica, che si realizza attraverso un’alterazione
del sistema informatico ovvero attraverso un intervento senza diritto su
dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico.
L’alterazione si concretizza quando si
agisce sul software, cioè sui programmi, o sull’hardware, modificando la
struttura della macchina.