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Oggi, gli acquisti con carte di credito rappresentano il 98,5% delle transazioni di beni e servizi tramite Internet e il tasso di frode è ridotto allo 0,08% del totale. C’è più sicurezza che nelle transazioni normali dirette. Occorre notare, peraltro, che nell’ultimo anno la quota delle truffe ha subito decisi incrementi. In Europa si è raggiunto l’ammontare di 600 milioni di euro. D’altro canto, le società che curano le carte di credito hanno timore di spaventare i clienti con dati troppo pessimistici o, in altre parole, preferiscono minimizzare il fenomeno. Possiamo notare che ci sono truffatori che si limitano a elaborare numeri di fantasia colpendo a caso un incolpevole titolare di carta di credito, mentre c’è anche chi utilizza gli stessi programmi usati per classificare le vere carte di credito, chi le intercetta nelle cassette della posta e chi rapina il titolare. Per tutelarsi è possibile inserire il proprio codice nei siti, comportamento che rende le operazioni più sicure: le procedure di violazione dei sistemi di sicurezza, infatti, sono in genere molto complesse. Va detto, però, che sono state rilevate aziende in fallimento che hanno letteralmente venduto i loro database prima di scomparire. C’è chi acquista aziende in fallimento per impossessarsi di data base coi codici segreti. Bisogna, ancora, sottolineare che molte delle truffe avvengono nell’ambito delle aste on-line (78%), seguite dalle vendite (10%). I truffatori sono generalmente soggetti singoli. Il fenomeno è più diffuso nell’Europa Orientale, dove è più difficile risalire ai truffatori. Per aumentare la sicurezza sono state inventate nuove tecnologie: smartcard, firma digitale, carte "usa e getta" con importo predeterminato. Bisogna, però, evidenziare come la normativa penale europea sia inadeguata, mentre in Italia è ancora troppo arretrata. Si riescono, infatti, ad individuare le grosse organizzazioni di truffe, ma le pene sono irrilevanti, mentre è quasi impossibile scoprire il truffatore singolo. Per fare un passo avanti nella sicurezza del commercio elettronico sarebbe sufficiente prevedere l’obbligo di esposizione dei propri dati anagrafici per tutti coloro che operano con vendite sulla rete. Con una campagna pubblicitaria occorrerebbe, poi, mettere in guardia dall’acquistare da chi sia privo delle giuste referenze.
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