44 RISOLUZIONE
DEL CONTRATTO
- In caso
di scioglimento per mutuo consenso l'utilizzatore non è obbligato a
risarcire al concedente alcun danno. (Trib. Milano, 11.7.1976).
- In caso
di risoluzione consensuale i canoni relativi al periodo anteriore alla
risoluzione sono dovuti. (Trib. Firenze, 19.7.1980).
- In caso
di apertura di procedure concorsuali a carico dell'utilizzatore, il
concedente può richiedere la risoluzione del contratto. La clausola
penale, pari al totale dei canoni, deve essere ridotta a termini dall'art.
1384 c.c. se il concedente recuperi l'autoveicolo con largo anticipo sulla
scadenza del contratto. (Trib. Milano, 29.10.1981).
-
L'utilizzatore, che abbia sottoscritto il verbale di consegna ed
accettazione, non può mai sollevare contestazioni relative al macchinario
oggetto del leasing. In caso di risoluzione per inadempimento
dell'utilizzatore, il danno deve essere determinato, in via
equitativa, in misura inferiore al totale dei canoni a scadere. (Trib.
Milano, 15.4.1982).
- E' nulla
la clausola che esclude ogni responsabilità del concedente. In caso di
sequestro del bene per non conformità alle norme antinfortunistiche si ha
la risoluzione del contratto: il concedente non ha diritto ai canoni
successivi al sequestro e l'utilizzatore non ha diritto alla restituzione
dei canoni corrisposti prima. (Trib. Milano, 27.4.1982).
- Nel caso
di vizi della cosa, il mancato pagamento dei canoni comporta la
risoluzione del contratto. (Trib. Milano, 31.5.1982).
- In caso
di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore non spetta al
concedente il prezzo d'opzione. (Trib. Milano, 9.12.1982).
- A seguito
di diffida ad adempiere il contratto è risolto di diritto ex art. 1454
c.c., l'utilizzatore va condannato a restituire l'autoveicolo e a
corrispondere i canoni scaduti con gli interessi contrattuali del 2,50%
per ogni mese. (Trib. Padova, 11.12.1982).
- Risolto
il contratto per inadempimento dell'utilizzatore, questi deve restituire
l'autoveicolo, ovvero, qualora non provi che la perdita è a lui non
imputabile (art. 1588 c.c.), corrispondere il suo controvalore. (Trib.
Milano, 23.5.1983).
-
L'utilizzatore che abbia pagato il canone iniziale, ma non abbia poi
corrisposto il primo canone ordinario è inadempiente e così il
concedente può invocare la clausola risolutiva
espressa. Al leasing si applica l'art. 1525 c.c. perché il trasferimento
della proprietà è solo eventuale e condizionato all'esercizio del
diritto di opzione. (Trib. Milano,
4.7.1983).
- A seguito
dell'inadempimento dell'utilizzatore, il contratto si risolve e questi è
condannato al pagamento della penale, consistente nel totale dei canoni a
scadere, penale che non viene ridotta in difetto di istanza di parte. (Trib.
Milano, 12.07.1984).
- Sospeso
il pagamento dei canoni a seguito del furto del veicolo, il contratto si
risolve, l'utilizzatore deve corrispondere quanto previsto dal contratto
per la risoluzione, detratto quanto percepito dal concedente come
indennizzo per il furto. (Trib. Milano, 17.5.1984).
- Ove
l'utilizzatore sia moroso nel pagamento dei canoni ed il concedente si
avvalga della clausola risolutiva espressa, la restituzione del bene
locato ed il pagamento dei canoni scaduti possono essere disposti a mezzo
decreto ingiuntivo. (Trib. Roma, 4.1.1985, in Foro it., 1986, I, 565, nota
Mazzia; Riv. it. leasing, 1986, 399, nota Gatti).
- Ove
l'utilizzatore sia moroso nel pagamento dei canoni ed il concedente si
avvalga della clausola risolutiva espressa, può essere concesso decreto
ingiuntivo che ordina la restituzione del bene locato. (Trib. Roma,
4.1.1985, in Foro it., 1986, I, 565, nota Mazzia; Riv. it. leasing, 1986,
399, nota Gatti).
- La
clausola risolutiva espressa formulata in modo generico e che non richiede
specificamente la facoltà per il concedente di risolvere anticipatamente
il contratto per inadempimento dell'utilizzatore nel pagamento dei canoni
di leasing, è inutilizzabile nel caso si verifichi tale ipotesi. (Trib.
Milano, 30.9.1986, in Riv. it. leasing, 1986, 752).
- E'
valida, e applicabile nel caso di mancato pagamento dei canoni, la
clausola risolutiva espressa, posta nelle condizioni generali di contratto
e specificamente approvata per iscritto. (Trib. Catania, 30.1.1987, in Riv.
it. leasing, 1987, 460).
- E' valida
la clausola con la quale il concedente si esonera da responsabilità per
qualsivoglia inadempimento del fornitore, trasferendo il relativo rischio
sull'utilizzatore autorizzato ad agire autonomamente contro il fornitore.
(Trib. Roma, 9.10.1987, in Riv. it. leasing, 1988, 731, nota Munari).
- La
disciplina convenzionale del leasing dev'essere assoggettata a quella
generale dei contratti; in caso di scioglimento del contratto di leasing
si applicano gli artt. 1458 e 1373, 2° comma, c.c. (Trib. Milano,
22.10.1987, Riv. it. Leasing 1987, 729, nota Clarizia).
- L'obbligo
fondamentale della società di leasing è quello di garantire il pacifico
godimento del bene da parte dell'utilizzatore; pertanto in caso di
evizione del bene da parte
di un terzo la locazione finanziaria è risolta per inadempimento della
concedente, che è altresì tenuta a restituire i canoni riscossi. (app.
Roma, 22.12.1987, in Riv. it. leasing, 1989, 649, nota Cappiello).
- In caso
di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento
dell'utilizzatore, il concedente ha diritto al risarcimento del danno,
così come preventivamente quantificato in contratto mediante la
previsione di una clausola penale ex art. 1382 c.c.; l'entità della
penale può essere anche d'ufficio ridotta ex art. 1384 c.c. (Trib.
Brescia, 22.2.1988, in Riv. it. leasing, 1989, 419).
- In caso
di mancata restituzione del bene, anche se dovuta al sequestro
conservativo eseguita da un terzo l'utilizzatore deve risarcire i danni
subiti dal concedente. (Trib. Roma 14.3.1988, in Riv. it. Leasing 1988,
720, nota Centanini).
- E'
inefficace la clausola risolutiva espressa che si risolve in mera clausola
di stile. Non è preclusiva all'esercizio di un'azione di cognizione,
anche in via monitoria, la pendenza di una procedura concorsuale. Stante
la proprietà del bene locato in capo al concedente, è accoglibile la
domanda di restituzione del bene in caso di risoluzione contrattuale (Trib.
Milano, 18.9.1989, in Riv. it. leasing, 1988, 488).
- In tema
di risoluzione per inadempimento del cosiddetto "leasing
finanziario" (o "locazione finanziaria"), occorre
distinguere l'ipotesi in cui il rapporto persegua essenzialmente una
funzione di finanziamento a scopo di godimento per un'utilizzazione del
bene da parte del cessionario durante tutto il periodo della sua
potenziale attitudine all'impiego economico e, quindi, con una previsione
dei canoni su base essenzialmente corrispettiva di tale godimento la qual
relega a pattuizione marginale ed accessoria l'eventualità del
trasferimento alla scadenza dietro pagamento del prezzo di opzione,
dall'ipotesi in cui il rapporto stesso sia indirizzato a tale
trasferimento, in quanto le parti, in relazione al permanere a detta
scadenza di un'apprezzabile valore residuo del bene, notevolmente
superiore al prezzo d'opzione, assegnino a quei canoni pure la consistenza
di corrispettivo del trasferimento stesso;
nel primo
caso trattandosi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, la
risoluzione non incide retroattivamente sulle prestazioni già eseguite
(art. 1458, 1° comma, c.c.), mentre nel secondo caso, si verifica tale
retroattività con il consequenziale diritto delle parti di ottenere la
restituzione di quanto prestato (restando peraltro escluso che
l'utilizzatore, a tutela dei propri crediti, possa invocare, in difetto di
espressa previsione, la facoltà di trattenere il bene) con
l'applicabilità, in via
analogica, delle regole dettate dall'art. 1526 c.c. in materia di
risoluzione della vendita con riserva di proprietà. (Cass., 13.12.1989,
n. 5574, in Giur. it., 1990, I, 1, 742, nota Clarizia).
- Il
cosiddetto leasing finanziario configura un contratto atipico in cui nel
caso di risoluzione anticipata del contratto per fallimento
dell'imprenditore che utilizza il bene, deve escludersi che la società
finanziaria sia tenuta alla restituzione delle somme riscosse, stante
l'inapplicabilità, in via diretta od analogica delle disposizioni dettate
dall'art. 1526 c.c. per le ipotesi della vendita con riscatto di
proprietà o della locazione con patto di trasferimento della cosa locata.
(Trib. Palermo, 20.1.1990, in
Temi siciliana, 1990, 54).
- L'art.
1526 c.c. è applicabile in caso di risoluzione o scioglimento anticipato
del contratto di leasing qualora le parti non abbiano inteso considerare i
canoni come corrispettivo della consumazione economica del bene oggetto
del contratto stesso, ma abbiamo operato sul presupposto che il bene
conservasse al termine del contratto un rilevante valore economico, sì da
conferire al canone una funzione di pagamento anticipato del prezzo della
res ed alla conservazione della proprietà al concedente sino alla
scadenza del contratto ed all'esercizio del diritto di opzione una
funzione di garanzia del concedente; ne consegue l'obbligo del concedente
di rimborsare i canoni, verso la restituzione della cosa, salvo, l'equo
compenso per l'uso del bene (nella specie, tuttavia, si è esclusa la
restituzione dei canoni sul rilievo che le somme percette dal concedente
lo indennizzavano soltanto degli oneri corrispondenti alla concessione in
godimento dei beni. (Trib. Torino, 26.5.1990, in Giur. piemontese, 1990,
568)..
- In
ipotesi di risoluzione consensuale del contratto di leasing finanziario,
l'obbligo della società concedente di restituire le somme riscosse può
discendere dalla regolamentazione pattizia delle modalità di detta
risoluzione, in relazione alle circostanze del caso concreto, restando in
tal caso esclusa l'applicabilità delle diverse regole operanti per la
risoluzione del contratto stesso a causa dell'inadempimento
dell'utilizzatore. (Cass. 3.12.1990, n. 11549, in Mass., 1990).
-
L'utilizzatore è legittimato ad agire per la risoluzione del contratto di
fornitura per i vizi della cosa locata; tuttavia, la risoluzione di detto
contratto non lo esonera dall'adempimento di tutti gli obblighi nascenti
dal rapporto di locazione finanziaria, ivi compreso il pagamento
dell'importo fissato per l'esercizio dell'opzione contrattuale. (Trib.
Milano, 18.1.1988).
- Stante la
particolare natura del contratto di locazione finanziaria, nel quale la
società concedente non risponde dei vizi del bene, va rigettata la
domanda dell'utilizzatore diretta a chiedere la risoluzione del contratto
purché i beni siano affetti da vizi. (Trib. Roma, 20.4.1989, in Riv. it.
leasing, 1989, 668).
- Stante la
particolare natura del contratto di locazione finanziaria, nel quale la
società concedente si esonera dai rischi concernenti lo svolgimento del
rapporto e l'utilizzazione del bene, in caso di evizione dello stesso il
contratto non si risolve e l'utilizzatore è tenuto al pagamento dei
canoni. (Trib. Roma, 6.3.1985, in Riv. it. leasing, 1989, 649, nota
Cappiello).
- Nel caso
di contratto di lease back, il compratore concedente acquista il possesso
solo animo e non anche materiale della cosa; ne consegue che, nell'ipotesi
di successive alienazioni a più concedenti, il conflitto tra di loro
insorgente non è risolvibile ai sensi dell'art. 1155 c.c. che presuppone
un concreto e reale rapporto con la cosa. (Trib. Pavia, 8.11.1988, in Riv.
it. Leasing, 1989, 680).