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45 RISOLUZIONE DELLA VENDITA

- E' valida la clausola penale che attribuisce al locatore il diritto di trattenere i canoni anticipati e di farsi pagare sei mensilità di canoni, a seguito della cessazione anticipata della locazione finanziaria. (App. Torino 4.10.1985, in Riv. it. leasing, 1986, 362).

- E' applicabile al contratto di locazione finanziaria l'art. 1526 c.c., in quanto si tratta di un contratto atipico caratterizzato dalla convivenza di più elementi tipici dei contratti tradizionali. (Trib. Torino, 18.5.1985, in Riv. it. leasing, 1986, 362).

- Le rate di canone sono ratei di prezzo. In caso di fallimento dell'utilizzatore, il giudice può stabilire che il bene venga restituito al concedente se questi versi la differenza tra i canoni già percepiti e le somme sufficienti a remunerare il capitale investito. (Trib. Parma, 19.7.1985, in Foro pad, 1986, I, 217).

- Al leasing finanziario è applicabile la disciplina dell'art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva di proprieta (Trib. Torino, 5.9.1985, in Giur. Piemontese, 1986, 186).

- Il leasing automobilistico è finalizzato al trasferimento della proprietà del bene e presenta, quindi, analogie con la vendita con riserva di proprietà; per cui in caso di risoluzione e di mancato esercizio dell'opzione l'utilizzatore ha diritto alla riduzione ex art. 1526 c.c. delle somme pagate. (Trib. Padova, 18.1.1986, in Riv. it leasing, 1988, 223).

- Nel caso in cui i beni locati siano immobili o beni che conservano al termine del rapporto un loro valore economico, il contratto di leasing presenta analogie con la vendita con riserva di proprietà, pertanto in caso di risoluzione per fallimento dell'utilizzatore si applica analogicamente l'art. 1526 c.c. (Trib. Venezia 18.9.1986, in Riv. it. leasing, 1988, 456).

- L'art. 1526 c.c., in quanto clausola generale per i contratti di scambio, si applica anche in caso di risoluzione di un contratto di leasing, per cui il concedente può trattenere il bene, restituendo però i canoni percetti, salvo equo compenso e risarcimento danni. (App. Milano, 23.9.1986, in Impresa, 1986, 2614; Fisco, 1986, 7380).

- Il contratto di locazione finanziaria è un contratto atipico che persegue finalità economico-commerciali meritevoli di tutela, esso risulta regolato dalla disciplina disposta dalle parti, risultando inapplicabile l'art. 1526 c.c. (Trib. Milano 25.9.1986, in Riv. it. Leasing 1988, 456).

- Al leasing che è un'intermediazione finanziaria, non può applicarsi analogicamente al disciplina della vendita con riserva di proprietà. Non può trovare applicazione l'1526 c.c. alla locazione finanziaria.

Alla richiesta del concedente di pagamento dei canoni maturati prima del fallimento dell'utilizzatore non si applica l'art. 1384. (Trib. Bologna, 4.12.1986, in Riv. it. leasing, 1987, 211).

- Il leasing è un contratto atipico al quale può essere applicata in via analogica una parte della normativa che regola i contratti nominati; l'art. 1526 c.c. si applica al leasing perché è una norma di carattere imperativo, inderogabile dalle parti; è infatti l'art. 1458 c.c., nella parte relativa ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, una norma eccezionale derogativa del generale principio della retroattività della efficacia della risoluzione, sancito nella prima parte della norma. (Trib. Vicenza, 18.1.1987, in Riv. dir. civ., 1989, II, 327 (m), nota Meneguzzo).

- Le affinità tra i contratti di leasing e la vendita con riserva di proprietà non sono tali da consentire l'applicazione analogica al primo contratto delle norme del secondo. L'art. 1384 c.c. deve interpretarsi in relazione all'interesse del creditore all'adempimento; nel contratto di leasing il concedente ha interesse almeno alla restituzione del capitale anticipato; pertanto in caso di fallimento dell'utilizzatore si applica non l'art. 1526, ma l'art. 1458, 1° comma, c.c., per cui le rate pagate fino alla risoluzione sono definitivamente acquisite al patrimonio del concedente, che ha anche diritto alla penale prevista dal contratto. (Trib. Macerata, 2.6.1987. in Riv. it leasing, 1988, 420).

- E' impossibile una definizione del leasing, poiché se alla fine della locazione il bene conserva un valore comunque superiore al prezzo di opzione, il contratto aggiunge alla tipica finalità di finanziamento quella di acquisto della proprietà ed i canoni si caratterizzano come ratei di prezzo. (Trib. Vicenza, 4.6.1987, in Riv. it. Leasing, 1987, 681, nota Denozza)

- Il contratto di leasing è un contratto atipico di durata, al quale si applicano le norme che regolano i contratti in generale, compreso l'art. 1458, 1° comma, c.c., mentre va esclusa la possibilità di applicare in via analogica le disposizioni dell'art. 1526 c.c. (Trib. Roma, 20.7.1987, in Riv. it. Leasing 1989, 197).

- La locazione finanziaria è un contratto atipico, non riconducibile ad alcuno dei contratti nominati per i quali è dettato l'art. 1526 c.c. (Cass. 26.11.1987, in Foro it., 1988, I, 2329, nota Zeno Zencovich; Giur. it., 1988, I, 1, 555, nota De Nova; Fallimento, 1988, 317; Fallimento, 1988, 421 (m), nota Millozza; Riv. it. leasing, 1987, 677, nota De Nova, Denozza; Quadrimestre, 1988, 167, nota Caruso; Nuova giur. civ., 1988, I, 320, nota Zeno Zencovich; Giust. civ., 1988, I, 1794, nota Minutillo Turtur; Giur. comm., 1988. II, 679).

- La locazione finanziaria è un contratto atipico ad esecuzione continuata o periodica, al quale non si applica l'art. 1526 c.c., bensì l'art. 1458, 1° comma, c.c. con la conseguenza che al concedente spettano i canoni maturati fino alla data della dichiarazione di fallimento. (Trib. Mantova, 8.2.1988, in Riv. it. leasing, 1988, 421).

- Al contratto di leasing finanziario è applicabile la disciplina di cui all'art. 1526 c.c. dettata in materia di risoluzione del contratto di compravendita con riserva della proprietà. (Trib. Prato, 22.3.1988, in Fallimento, 1989, 525, nota Sideri).

- E' applicabile al contratto di leasing la norma dell'art. 1526 c.c. con il relativo obbligo del concedente di rimborsare i canoni, verso la restituzione della cosa, salvo l'equo compenso per l'uso del bene. (Trib. Milano, 16.5.1988, in Riv. it. leasing, 1989, 419).

- A seguito della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore del contratto di leasing finanziario e della risoluzione dello stesso è applicabile la disciplina di cui all'art. 1526 c.c. (Trib. Milano, 30.5.1988, in Fallimento, 1989, 83, nota Cantele)

- E' applicabile al contratto di leasing la norma dell'art. 1526 c.c. con il relativo obbligo del concedente di rimborsare i canoni, verso la restituzione della cosa, salvo l'equo compenso per l'uso del bene. (Trib. Vicenza, 1.7.1988, in Riv. it. leasing, 1989, 197).

- Al contratto di leasing finanziario si applica in via analogica la disciplina della vendita con riserva di proprietà, ed in particolare l'art. 1526, c.c. Il concedente non ha diritto di ottenere l'integrale pagamento delle rate di canone maturate fino alla data di risoluzione del contratto (Trib. Milano, 26.9.1988, in Giur. comm., 1989, II, 369).

- La locazione finanziaria è un contratto atipico con prevalente finalità di finanziamento. Esso è anche un contratto atipico di durata, al quale si applicano le norme che regolano i contratti in generale, compreso l'art. 1458, 1° comma, c.c., mentre va esclusa in radice la possibilità di applicare in via diretta o analogica le disposizioni dell'art. 1526 c.c. (Cass, 15.10.1988, 5623, in Riv. it. Leasing 1988, 688; in Giur. it., 1989, I, 1, 833; Giur. comm. 1989, II, 369; Nuova giur. civ., 1989, I 535, nota Clarizia; Fisco, 1989, 731,; Foro Pad., 1989, I, 109, nota Marvellia).

- Il leasing è un contratto atipico che ha la funzione di procurare ad un impresa il godimento immediata di un bene con assunzione di rischi a carico dell'utilizzatore e verso un canone. Ma la riconosciuta atipicità non esonera l'interprete da una ricognizione dei tipi assimilabili per sceglierne uno o alcuni combinati tra loro; se l'autonoma individuazione causale del leasing finanziario non consente di definirlo come una species del contratto di vendita con riserva di proprietà non vi sono tuttavia ostacoli per applicare in via analogica l'art. 1526. Anche nel leasing i canoni pagati hanno anche funzione di acquisto del bene; ricorre quindi il presupposto della eadem ratio per l'applicazione analogica della norma che, persegue lo scopo di evitare un eventuale lucro indebito del dante causa. (App. Genova, 21.11.1988, in Foro Padano, 1989, I, 109, nota Mavellia; Fallimento, 1989, 803, nota Fabiani; Nuova giur. civ. 1989, I, 408, nota Icardi).

- In tema di risoluzione per inadempimento del cosiddetto "leasing finanziario" (o "locazione finanziaria"), occorre distinguere l'ipotesi in cui il rapporto persegua essenzialmente una funzione di finanziamento a scopo di godimento per un'utilizzazione del bene da parte del cessionario durante tutto il periodo della sua potenziale attitudine all'impiego economico e, quindi, con una previsione dei canoni su base essenzialmente corrispettiva di tale godimento la qual relega a pattuizione marginale ed accessoria l'eventualità del trasferimento alla scadenza dietro pagamento del prezzo di opzione, dall'ipotesi in cui il rapporto stesso sia indirizzato a tale trasferimento, in quanto le parti, in relazione al permanere a detta scadenza di un'apprezzabile valore residuo del bene, notevolmente superiore al prezzo d'opzione, assegnino a quei canoni pure la consistenza di corrispettivo del trasferimento stesso; nel primo caso trattandosi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, la risoluzione non incide retroattivamente sulle prestazioni già eseguite (art. 1458, 1ø comma , c.c.), mentre nel secondo caso, si verifica tale retroattività con il consequenziale diritto delle parti di ottenere la restituzione di quanto prestato (restando peraltro escluso che l'utilizzatore, a tutela dei propri crediti, possa invocare, in difetto di espressa previsione, la facoltà di trattenere il bene) con l'applicabilità, in via analogica, delle regole dettate dall'art. 1526 c.c. in materia di risoluzione della vendita con riserva di proprietà. (Cass., 13.12.1989, n. 5574, in Giur. it., 1990, I, 1, 742, nota Clarizia).

- Nell'ambito del leasing finanziario sono individuabili due distinte figure contrattuali; nella prima, corrispondente a quella tradizionale, l'utilizzatore della res da parte del concessionario, dietro versamento dei canoni all'uopo previsti, si inquadra, secondo la volontà delle parti, in una funzione di finanziamento a scopo di godimento del bene per la durata del contratto, conforme alla potenzialità economica del bene stesso, onde i canoni costituiscono esclusivamente il corrispettivo di tale godimento; nella seconda, invece, le parti al momento della formazione del consenso prevedono che il bene, avuto riguardo alla sua natura, all'uso programmato ed alla durata del rapporto, è destinato a conservare, alla scadenza contrattuale, un valore residuo particolarmente apprezzabile per l'utilizzatore, in quanto notevolmente superiore al prezzo di opzione, sicché il trasferimento del bene all'utilizzatore non costituisce, come nel leasing tradizionale, un'eventualità del tutto marginale ed accessoria, ma rientra nella funzione delle parti assegnata al contratto; ne consegue che, mentre il leasing tradizionale si qualifica come contratto ad esecuzione continuata o periodica, come tale non soggetto, in sede di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, alla retroattività dell'effetto risolutivo disposta in via generale dall'art. 1458, 1° comma, c.c., invece nell'altra figura, la norma anzidetta si applica senza limitazione alcuna, onde ciascuna delle parti ottiene la restituzione di quanto prestato in base al contratto; in quest'ultima ipotesi, in mancanza di un'apposita disciplina normativa, il rapporto contrattuale inter partes è regolato dall'art. 1526 c.c., il quale è applicabile in via analogica stante l'omogeneità degli interessi tutelati. (Cass., 13.12.1989, n. 5571, in Corriere giur. 1990, 164; Giur. it., 1990, I, 1, 742 (m), nota Clarizia; Dir. fallim., 1990, II, 329).

- L'art. 1526 c.c. in tema di risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà, per inadempimento del compratore, è inapplicabile al contratto di leasing, inteso come negozio atipico misto a cui si applica la disciplina prevista per lo schema causale prevalente e cioè la vendita con riserva di proprietà (Trib. Milano, 15.1.1990, in dir. fallim., 1990, II, 1156).

- Ai contratti innominati si applicano le forme dettate per un singolo contratto nominato, ove difettino principi generali comparabili con la volontà negoziale o principi inderogabili; di conseguenza al contratto di leasing si ritiene applicabile l'art. 1526 c.c. dettato in tema di risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà per inadempimento del compratore. (Trib. Milano, 15.1.1990, in Dir. fallim., 1990, II, 1155).

--Il cosiddetto leasing finanziario configura un contratto atipico in cui nel caso di risoluzione anticipata del contratto per fallimento dell'imprenditore che utilizza il bene, deve escludersi che la società finanziaria sia tenuta alla restituzione delle somme riscosse, stante l'inapplicabilità, in via diretta od analogica delle disposizione dettate dall'art. 1526 c.c. per le ipotesi della vendita con riscatto di proprietà o della locazione con patto di trasferimento della cosa locata. (Trib. Palermo, 20.1.1990, in Temi siciliana, 1990, 54)

- L'art. 1526 c.c. è applicabile in caso risoluzione o scioglimento anticipato del contratto di leasing qualora le parti non abbiano inteso considerare i canoni come corrispettivo della consumazione economica del bene oggetto del contratto stesso, ma abbiamo operato sul presupposto che il bene conservasse al termine del contratto un rilevante valore economico, sì da conferire al canone una funzione di pagamento anticipato del prezzo della res ed alla conservazione della proprietà al concedente sino alla scadenza del contratto ed all'esercizio del diritto di opzione una funzione di garanzia del concedente; ne consegue l'obbligo del concedente di rimborsare i canoni, verso la restituzione della cosa, salvo, l'equo compenso per l'uso del bene (nella specie, tuttavia, si è esclusa la restituzione dei canoni sul rilievo che le somme percette dal concedente lo indennizzavano soltanto degli oneri corrispondenti alla concessione in godimento dei beni. (Trib. Torino, 26.5.1990, in Giur. piemontese, 1990, 568).

 

 

 

 

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