5.3 CANONI
E FALLIMENTO
- In caso
di fallimento dell'utilizzatore e di scioglimento del leasing il
concedente può ritenere i canoni corrispondenti al valore del godimento
esercitato, mentre deve restituire la parte eccedente, in applicazione
dell'art. 1526 c.c. che vieta l'arricchimento ingiustificato. (Trib.
Grosseto, 16.11.1981)
- In caso
di fallimento dell'utilizzatore, il concedente deve restituire i canoni
riscossi, salvo l'equo compenso per l'uso della cosa, ciò in applicazione
analogica dell'art. 1526 c.c. data l'affinità con la vendita con riserva
di proprietà (Trib. Venezia, 23.1.1982).
- Qualora
l'utilizzatore sottoscriva il verbale di consegna ed esegua il pagamento
di alcuni canoni, non può opporre al concedente che la consegna del bene
non è in realtà avvenuta.
In caso di fallimento dell'utilizzatore, se il bene non è stato ritirato,
il concedente ha diritto all'ammissione, in via chirografaria, del credito
per i canoni non pagati. (Trib. Torino, 22.12.1983).
- Le rate
di canone sono ratei di prezzo. In caso di fallimento dell'utilizzatore,
il giudice può stabilire che il bene venga restituito al concedente se
questi versi la differenza tra i canoni già percepiti e le somme
sufficienti a remunerare il capitale investito. (Trib. Parma, 19.7.1985,
in Foro pad., 1986, I, 217).
- Al
leasing, che è un'intermediazione finanziaria, non può applicarsi
analogicamente la disciplina della vendita con riserva di proprietà. Non
può trovare applicazione l'art. 1526 c.c. alla locazione finanziaria.
Alla richiesta del concedente di pagamento dei canoni maturati prima del
fallimento dell'utilizzatore non si applica l'art. 1384. (Trib. Bologna,
4.12.1986, in Riv. it. leasing, 1987, 211).